Diario minimo di storie d’uragani

  • 6 Novembre 2021
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Per ricordare l’evento di mercoledì 3 novembre, in Villa Brenzoni Bassani a Sant’Ambrogio di Valpolicella, con Giovanni Borghini e il suo romanzo Marco degli uragani, scegliamo il testo che lo stesso autore ci ha inviato. Un punto di vista tanto introspettivo quanto esterno. Un punto di vista da lettore, nella sua versione più poetica.

Nel ringraziarlo nuovamente per essere stato nostro ospite e averci fatto conoscere l’avventure delle avventure, il viaggio di Silvia e Marco che hanno percorso il giro del mondo a bordo della loro barca, vi auguriamo una buona lettura!

 

È sera, otto e mezzo.

Il sapore del caffè in bocca. Fuori dalla finestra l’oscurità profonda e fradicia di novembre. Lo sguardo cade sulla poltrona dove la coperta esercita una certa attrazione gravitazionale. Un intreccio tra piacere e senso d’appartenenza m’accompagna all’armadio, dove mi aspetta una giacca intirizzita.

Quasi quasi metterei le ciabatte in un sacchetto.

Stasera si presenta un libro: Marco degli uragani.

Uragani?

Ancora acqua e brutto tempo, avrei preferito si parlasse di caldarroste. Il piazzale è scuro, ci sono molte auto. Salgo le scale, la sala è piena di luce e di facce amiche.

Roberta fa gli onori di casa.

Stefania, molto professionale, intervista Giovanni, loro si conoscono da tanti anni.

Filiberto, Serena e Debora leggono frammenti di un viaggio straordinario.

Poi intervengono i protagonisti del racconto: Silvia e Marco.

Storie di persone appese ai bordi di un pontile: vite in crisi e vite che si ritrovano. Questi racconti suonano
familiari perché tutti, prima o poi, ci siamo trovati in mezzo agli uragani.

Poi la festa, la condivisione del cibo e di un bicchiere di vino che scalda il cuore. Sorrisi di vecchi amici e volti nuovi per un piacere dell’incontrarsi amplificato dal risveglio dopo un’anestesia sociale.

Salgo in macchina. Piove ancora, ma ora non ci faccio troppo caso.

In casa ritrovo la coperta. Le sussurro che leggere è cambiamento.

Questa notte, forse, sognerò l’Oceano.

Di Giovanni Borghini